Da qualche anno la scienza è diventata un tema centrale nelle conversazioni quotidiane, nei talk show, nei quotidiani e nei social. Non era mai successo prima.

Quello che (almeno all’apparenza) dovrebbe essere un fenomeno positivo, in realtà nasconde diversi pericoli: semplificazione dei contenuti, banalizzazione dei temi, visione poco realista della scienza stessa. Spesso si scambia l’essere (della scienza) con il suo dover essere.

Ciò fa male sia alla scienza (nella storia certi idealismi sono stati nefasti) che alla società, che in questi ultimi anni è diventata sempre più divisa, dicotomica, contrapposta.

Questo blog (fatto da student* e studios* delle pratiche scientifiche) intende portare un contributo per contrastare e invertire questa recente tendenza, di sapore neopositivista. Essa è costituita da una retorica infarcita di espressioni quali “fake news”, “post-verità”, “pseudoscienze”, “realtà dei fatti”, “evidence-based…”, “anti-scientifico”, “naturale”, “oggettivo”, ecc. Una costellazione di termini tesa a fornire una visione rassicurante della scienza, pensata come impresa dai confini precisi e dai risultati inequivocabili, e a demonizzare i pensieri divergenti.

Le conseguenze sono un ritorno a una visione ingenua della scienza, il riaffacciarsi di un certo dogmatismo, maggiori ostacoli alla libertà di pensiero e a chi esercita il dubbio metodico e il pensiero critico, la sistematica delegittimazione (e, talvolta, gogna mediatica) di pensatori non allineati, un eccesso di fiducia nella tecnologia. Tuttavia, l’effetto più preoccupante è la polarizzazione dei punti di vista, cioè la riduzione della complessità e molteplicità delle posizioni (su una questione) a due soltanto: scientifiche e anti-scientifiche, razionale e irrazionale, pro o contro.

Nel frattempo notiamo anche il riemergere dello scientismo, quell’atteggiamento intellettuale in base al quale il sapere scientifico dev’essere a fondamento di tutta la conoscenza in qualunque dominio, anche in etica e in politica. Visione verso cui si scagliarono, con accenti diversi, il premio Nobel per l’economia (1974) Friedrich von Hayek, i filosofi Karl Popper, Hilary Putnam e Tzvetan Todorov, e i sociologi Max Horkheimer  e Jürgen Habermas. La deriva scientista porta a pensare che di qualsiasi tema (scientifico, sociale, politico, etico ecc.) se ne debbano occupare solo gli “esperti”, gli unici ad avere le conoscenze adatte per affrontare i problemi e risolverli. E a lamentare il fatto che i politici ascoltano troppo poco gli scienziati e gli esperti, prefigurando i governi tecnocratici come quelli più adatti.

Questo blog, ricordando la lezione parzialmente dimenticata della “nuova filosofia della scienza” (Hanson, Kuhn, Feyerabend) e accogliendo i risultati degli studi sociali della scienza (Bloor, Latour, Collins) intende presentare una visione più equilibrata della scienza: pur riconoscendone la sua specificità, vuole anche far luce sulla sua natura di impresa umana, radicata nello spirito dei tempi. Storicizzazione e sociologizzazione della scienza (cioè pensare la scienza e la tecnologia come imprese culturali e collettive) non vanno considerate come qualcosa di negativo, ma semplicemente come un processo inevitabile, inerente a qualsiasi impresa umana (senza eccezioni). Anzi, è solo attraverso il riconoscimento del carattere sociale della scienza che sarà ripristinato un rapporto più equilibrato con la essa (e un atteggiamento più tollerante verso le opinioni e ipotesi diverse), a beneficio sia della società che della scienza.

Come scrivono lucidamente Collins e Pinch (1993), la scienza è un’attività controversa: da una parte ci fornisce i mezzi per curare gli ammalati; dall’altra produce l’infido veleno causato dagli incidenti nucleari; da una parte ci offre migliori condizioni di vita e dall’altra la possibilità di trovare la morte a causa degli effetti collaterali di un farmaco. La scienza è quindi simile a un Golem, una creatura della mitologia ebraica, né buona né cattiva in sé, ma potente e potenzialmente pericolosa, un gigante mite che può in qualunque momento impazzire e spargere terrore. Soltanto in questo modo è possibile comprendere questa potente ma imperfetta (e quindi umana) creazione che chiamiamo scienza, imparando ad amare il gigante maldestro per quello che è.

Autore

  • Giampietro Gobo

    Professore ordinario di Sociologia delle Scienze e delle Tecnologie, presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Milano. Per molti anni si è occupato di epistemologia e metodologia della ricerca sociale. Attualmente si dedica allo studio dei “sensi sociali” e di controversie scientifiche nel campo della salute. Per le sue pubblicazioni: https://scholar.google.com/citations?user=SRLrkG8AAAAJ&hl=it