1. Le mani, i piedi, il logos

Non so se Elon Musk conosca la ricerca paleontologica di Leroi-Gourhan (1964-65, Le Geste et la Parole), ma di sicuro ne condivide l’intuizione di fondo: la ragione, l’essenza e il destino dell’uomo (e anche di qualunque cosa debba sopraggiungere dopo di lui) non risiede nel cervello, ma nei piedi e nelle mani. L’andatura bipede ha reso possibile la liberazione degli arti superiori per la fabbricazione di utensili e per lo sviluppo delle tecniche: sono queste la natura dell’uomo, la sua origine, che ha trasformato il suo volto e il suo cranio di primate nella sede della parola. Neuralink è il progetto, nato nel 2016, che Musk ha finanziato in prima persona con 100 milioni di dollari; ha come obiettivo l’impianto di interfacce neurali capaci di curare gli effetti di patologie del sistema nervoso, anzitutto la tetraplegia. In altre parole, l’installazione nel cervello di un piccolo hardware, governato da un’intelligenza artificiale, permetterebbe di ripristinare l’uso di gambe e braccia nei malati di paralisi, in misura almeno parziale. La simbiosi tra fisiologia e tecnologia per finalità mediche non è proprio una novità: in fondo la sperimenta ogni giorno chiunque indossi un paio di occhiali. Ma per Elon Musk, che aspira a raggiungere l’infinito (e oltre) come Buzz Lightyear, l’AI di Neuralink rappresenta il primo passo del programma transumanistico di potenziamento degli esseri umani fino al limite delle loro risorse fisiche e intellettuali – per poi oltrepassare la soglia della singolarità, verso un destino non più assimilabile a nulla che sia depositato nell’esperienza della storia, e su cui siano impossibili previsioni di qualunque genere.

2. Il famedio dei macachi nel paradiso della scienza

Fino a qui, in apparenza, tutto bene. Lo scorso 29 gennaio Musk ha annunciato su X il primo innesto di Neuralink su un paziente tetraplegico: la sperimentazione si è trasferita dagli animali agli esseri umani. Può turbare questo clima di entusiasmo la notizia che la Securities and Exchange Commission (SEC) ha aperto un’inchiesta contro l’azienda e il suo fondatore per la morte dei macachi su cui sono stati testati i dispositivi. L’accusa è di non aver allevato martiri gloriosi e necessari per il progresso della scienza, ma di aver perpetrato agonie atroci, provocate dal desiderio di Musk di installare il chip al di sotto della rete vascolare, al fine di raggiungere una larghezza di banda superiore a quella delle società concorrenti. Contro le accuse sollevate dalla stampa americana, il magnate ha dichiarato che i laboratori di Neuralink sono una specie di «paradiso per le scimmie». In attesa che gli investigatori verifichino quanto la potenza del segnale sia qui sinonimo di santità o di crudeltà, formuliamo un paio di riflessioni sul significato che il progetto Neuralink può rivestire per la nostra società, assumendolo come un esempio del tipo di progetti su cui non solo Elon Musk, ma tutti i giganti della Silicon Valley stanno investendo, con una prodigalità di fondi con cui nemmeno le finanze degli stati sovrani possono competere.

3. L’agenda politica

In prima istanza, occorre sottolineare che Elon Musk, come altre Big Tech, coltiva un progetto antropologico, cioè una vera linea politica, attribuendosi un compito cui le classi dirigenti dei principali paesi occidentali hanno abdicato da anni. Il transumanesimo sogna un futuro di superuomini con ipertrofia di prestazioni fisiche e intellettuali, dovuta ad un doping permanente di innesti tecnologici, elargito a pochi o a molti (secondo l’opportunità comunicativa del momento) – ma comunque assicurato all’élite più smart del mondo, quella degli innovatori con sede in Silicon Valley. D’altra parte sono loro a prevedere e a pianificare l’evoluzione della salute, dell’abitazione, della convivenza, attraverso la rivoluzione delle applicazioni smart della wearable technology, della smart home e della smart city. Meritano il meglio della bulimia di potenza che sopraggiungerà con le AI, inclusa l’immortalità con (versione Kurzweil) o senza (versione Musk) il trasloco della personalità in un corpo di silicio.

Si può ironizzare su questo disegno per il futuro dell’umanità, che sembra estratto dai cartoon dei supereroi, ma bisogna riconoscere anzitutto che, contrariamente alla vacuità a corto raggio delle agende politiche delle classi dirigenti internazionali, Musk dispone di un piano con una visione di ampia portata, declinato in progetti che dal punto di vista finanziario camminano con le proprie gambe, senza attendere interventi pubblici – e spesso in grado di rastrellare investimenti da fonti terze. La forza economica e l’ambizione delle sue imprese sono in grado di attirare i ricercatori di maggiore talento, e di configurare la salute e i servizi del futuro. Dal Rinascimento gli intellettuali sanno di poter scorgere un orizzonte di verità più ampio, perché la posizione del loro sguardo è sorretta dalle spalle dei giganti del passato, di cui ereditano l’esperienza. Noi oggi dobbiamo sospettare di essere scesi dalle spalle ai piedi, dal momento che la ricerca cammina con le gambe di Musk, di Kurzweil e dei loro alleati. Poiché sono tutti soggetti privati, e il loro intervento sta sostituendosi al welfare pubblico, reimpostandone la definizione e i contenuti, è legittimo domandarsi se ci dobbiamo preparare ad un futuro prossimo in cui l’umanità (anche occidentale) avrà una nuova struttura sociale: sarà divisa in una piccola élite che può aspirare ad una qualità della vita altissima e ad una longevità di larghe falde – ancorché non infinita – e in una massa di individui esclusi da questa prospettiva, e dipendenti dal tipo di formazione culturale, di offerta di intrattenimento, di selezione commerciale, che proverrà da questi stessi soggetti privilegiati.

4. Lussi che non ci possiamo permettere

All’inizio degli anni Settanta lo psicologo comportamentista Burrhus Skinner aveva dichiarato senza reticenze che la libertà è un lusso che non ci possiamo permettere. Il condizionamento operante che aveva sperimentato ad Harvard (e non solo, secondo le tesi di chi lo considerava molto integrato negli apparati della CIA e della NATO) doveva condurre ad una società ordinata, dove la libertà era consentita a tutti coloro che condividevano l’ideologia dello Stato, pronta a respingere qualunque seduzione della propaganda bolscevica. Qualora davvero riuscisse a funzionare, anche solo in parte, Neuralink potrebbe riuscire dove il metodo di Skinner ha fallito: un chip di AI innestato direttamente nel cervello, con un potenziale di innervazione a banda larga, può agire come uno strumento di controllo e di condizionamento di massima efficacia. Le gambe ci porteranno dove l’ordinamento sociale programma che le nostre attività saranno di maggiore utilità, e le mani cliccheranno sui pulsanti che saranno indicati dalla pubblicità veicolata dalle concessionarie di Musk. Uno scenario distopico molto più spaventoso, e comunque meno irrealistico, di quelli che Elon Musk si impegna a propagandare sull’intelligenza artificiale generale – in particolare quella non dominata da lui in prima persona, o dagli amici della setta degli Altruisti Efficaci.

Autore

  • Paolo Bottazzini

    laureato in filosofia, si occupa di media digitali dal 1999: è co-fondatore di Pquod e SocialGraph, società specializzate nella comunicazione web e nell’analisi di dati. Parallelamente ha svolto attività di docenza sui temi della comunicazione digitale per il Politecnico di Milano, per il Corep presso il Politecnico di Torino, per il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Milano. Descrive i modelli cognitivi emergenti dai nuovi media nella monografia pubblicata nel 2010: Googlecrazia. Dal febbraio 2011 testimonia la loro evoluzione negli articoli pubblicati sulle testate Linkiesta, pagina99, Gli Stati Generali.