L’innovazione tecnologica ha rivoluzionato il nostro modo di vivere e lavorare, delegando molte attività a strumenti digitali. L’adozione di queste tecnologie genera due importanti dinamiche che impattano le competenze umane: il fenomeno del deskilling e quello del diverse skilling.

Da un lato, il deskilling indica la perdita di competenze necessarie a svolgere un’azione, che viene – invece – affidata a una macchina. Dall’altro lato, il diverse skilling sottolinea la trasformazione  delle competenze del fare in quelle dell’uso e della gestione della macchina che fa.

IL FENOMENO DEL DESKILLING

Il termine deskilling indica la progressiva perdita delle competenze necessarie a svolgere un’attività specifica, fenomeno che si verifica quando un’azione che era abitualmente eseguita da una persona umana viene completamente delegata a uno strumento tecnico o tecnologico. In particolare, nel corso di questo XXI secolo, si tratta di strumenti di automazione digitali.

Un esempio emblematico è quello della calcolatrice: l’introduzione di questo strumento ha ridotto la necessità di eseguire calcoli complessi manualmente. Analogamente, i sistemi di navigazione satellitare hanno reso quasi superflua la capacità di leggere mappe o orientarsi con elementi naturali.

In ambito lavorativo, il deskilling è maggiormente evidente nei settori industriali oggetto di processi di progressiva automazione, settori in cui operai – che un tempo padroneggiavano procedure complesse – ora supervisionano processi gestiti da robot; oppure nei settori dei servizi, in cui numerose attività svolte tradizionalmente da umani – come, ad esempio, l’assistenza ai clienti – iniziano ad essere gestite da bot[1], sistemi automatici digitali che trovano spesso applicazione nelle chat o nei numeri telefonici di assistenza ai clienti: trascrivono e interpretano il linguaggio naturale parlato o scritto, estraggono i riferimenti delle richieste e provano (spesso senza successo, va detto) a dare delle risposte.

Questo fenomeno ha conseguenze significative sia sui processi che sui lavoratori . Da un lato, possono aumentare l’efficienza e ridurre gli errori; dall’altro, portano – sicuramente – ad una progressiva dipendenza dagli strumenti utilizzati e all’oblio delle competenze che permettono ad un umano di fare quel lavoro.

La perdita di competenze pratiche, quelle del fare può avere effetti devastanti: dal punto di vista industriale, infatti,

  • riduce la comprensione del processo, in cui l’azione dello strumento, diventato una black box in cui viene immesso qualcosa e che produce qualcosa di diverso, viene data per scontata
  • diminuisce la possibilità di integrazione umana manuale in caso di errori o di malfunzionamenti
  • segrega le conoscenze di come funziona il passo di processo automatizzato tra gli esperti della tecnologia, del progettare (informatici, meccanici, fisici, chimici) che hanno progettato l’automatismo e che, frequentemente, non partecipano per nulla al processo produttivo, togliendole – invece – a chi il processo produttivo lo vede o lo gestisce quotidianamente
  • riduce, quindi, la possibilità di miglioramento della qualità del prodotto – che continua a dipendere dal processo di realizzazione – ai soli momento di re-engineering istituzionalizzato, perdendo il contributo degli esperti del fare, operai e impiegati

Dal lato di chi lavora, invece, riduce l’autonomia dell’individuo, del lavoratore, annulla il valore del suo contributo professionale, e può generare significative ripercussioni sul piano psicologico e sociale.

IL CONTRAPPESO DEL DIVERSE SKILLING

In contrapposizione al deskilling, il diverse skilling è la traslazione delle competenze dall’esecuzione diretta di un compito ,il fare, alla gestione dello strumento che lo compie. Questo fenomeno non implica la perdita totale delle abilità, ma una loro trasformazione e adattamento.

Tornando agli esempi precedenti, l’uso di una calcolatrice richiede la comprensione dei meccanismi logici sottostanti, così come l’interpretazione di dati forniti da un sistema di navigazione richiede la capacità di valutare le condizioni reali del contesto.

In ambito lavorativo, l’automazione può portare gli operai a sviluppare competenze di monitoraggio e di manutenzione delle tecnologie di automazione i sistemi, rendendo necessarie conoscenze più avanzate, come quelle informatiche o ingegneristiche.

Un caso esemplare è stato quello della vulcanizzazione degli pneumatici: negli anni ’80, in una grande azienda industriale italiana, le attività manuali – svolte dai caposquadra – di pianificazione della produzione, delle singole macchine vulcanizzatrici, seguite – in corso di produzione – dalle vere e proprie attività di preparazione e di attrezzaggio delle macchine, sono state sostituite da sistemi informatici che permettevano di effettuare una programmazione efficace ed efficiente per la giornata o la settimana e – sulla base del conteggio automatizzato dei pezzi e delle attività, indicavano al capoturno sulla consolle di controllo quando fosse opportuno intervenire per la manutenzione oppure per il cambio di attrezzaggio programmato per una diversa lavorazione.

In questo caso, il personale ha potuto intervenire nella fase di progettazione per dare le necessarie indicazioni competenziali a chi progettava i sensori, i contatori e il software, in fase di test per controllare se il funzionamento dell’automatismo fosse in linea con le indicazioni e le esigenze e, infine, ha completato la traslazione competenziale con corsi di formazione che hanno permesso alle operaie e agli operai di gestire in autonomia i sistemi automatici e di dare indicazioni su come migliorarne il funzionamento nel tempo.

Il diverse skilling rappresenta, quindi, una forma di resilienza umana all’innovazione tecnologica. Mentre alcune competenze si perdono, altre vengono acquisite, spesso più complesse e specializzate. Questo fenomeno può favorire una maggiore produttività e migliorare la qualità del lavoro, ma non è privo di sfide: la transizione richiede risorse significative in termini di formazione e adattamento culturale e rappresenta – probabilmente – un importante cambiamento sociale guidato delle rivoluzioni tecnologiche.

UN CONFRONTO CRITICO

Il confronto tra deskilling e diverse skilling solleva interrogativi sulla direzione e sulle conseguenze del cosiddetto progresso tecnologico.

Da un lato, il deskilling è un rischio per la sostenibilità delle competenze umane, soprattutto quando interi settori lavorativi si trasformano rapidamente, lasciando molte persone senza le capacità necessarie per adattarsi.

Dall’altro, il diverse skilling dimostra che il cambiamento tecnologico può non annullare le competenze, ma – sotto alcune condizioni – può favorirne un riallineamento verso nuove frontiere di apprendimento.

Il punto di equilibrio – o di crisi – sta certamente nell’accessibilità: non tutti gli individui e non tutti i contesti sociali sono in grado di affrontare il passaggio dal deskilling al diverse skilling.

La focalizzazione delle imprese sull’incremento di efficienza, che va sempre letto come riduzione dei costi di produzione e contestuale aumento della produttività, spesso non contempla investimenti volti a ridurre le lateralità della trasformazione tecnologica.

Questo significa minori opportunità di formazione e infrastrutture dedicate alla transizione verso un diverse skilling e, come conseguenza, amplifica le disuguaglianze, creando una società divisa tra chi detiene le nuove tecnologie, chi le padroneggia e chi ne è escluso.

Nel mondo delle imprese si sente dire che “non si progredisce senza cambiare”, ma il cambiamento è una trasformazione che – purtroppo – non è alla portata di tutti e – spesso – non è portatore di maggiore benessere.

Ad esempio, in settori come la medicina o l’ingegneria, affidarsi completamente alla tecnologia senza mantenere competenze critiche e intuitive può avere conseguenze disastrose.

CONCLUSIONI

Il deskilling e il diverse skilling non sono – quindi – fenomeni mutuamente esclusivi, ma due facce della stessa medaglia. Mentre il primo evidenzia i rischi di una delega eccessiva alla tecnologia, il secondo dimostra la capacità dell’umano di adattarsi e innovarsi, migliorando di fatto la qualità delle sfide che affronta.

Per massimizzare i benefici e minimizzare i rischi, è essenziale – però – che gli innovatori promuovano strategie formative e lavorative che facilitino il diverse skilling, senza trascurare l’importanza delle competenze di base.

In un mondo sempre più automatizzato, il futuro del lavoro e dell’apprendimento dipenderà dalla capacità di bilanciare innovazione tecnologica e adattamento delle abilità umane. Solo così sarà possibile costruire una società in cui la tecnologia sia uno strumento di emancipazione e non di alienazione.

 

 

NOTE

[1] I bot sono sistemi automatici digitali che trovano spesso applicazione nelle chat o nei numeri telefonici di assistenza ai clienti: trascrivono e interpretano il linguaggio naturale parlato o scritto, estraggono i riferimenti delle richieste e provano a dare delle risposte.

 

Autore

  • Alessio Panella

    Ingegnere elettronico, manager in una multinazionale, matematico e scrittore. Cerca l’intelligenza nell’intelligenza artificiale. E forse la trova: o tutto è intelligenza oppure niente lo è.