I disturbi neurologici funzionali (o FND, dall’inglese Functional Neurological Disorders) rappresentano una delle condizioni mediche più affascinanti e complesse del panorama neurologico contemporaneo; caratterizzati da sintomi reali e invalidanti, non spiegati da alterazioni strutturali del sistema nervoso, costituiscono un caso di studio emblematico per comprendere l’intricata relazione tra mente e corpo.
DEFINIZIONE E CARATTERISTICHE CLINICHE
I disturbi neurologici funzionali sono definiti come condizioni causate da alterazioni nel funzionamento delle reti cerebrali piuttosto che da cambiamenti nella struttura del cervello stesso. Questa distinzione fondamentale è spesso illustrata attraverso l’analogia del computer: mentre in altre patologie neurologiche si osserva un danno all'”hardware” cerebrale (come la degenerazione dei neuroni nella substantia nigra nei Parkinsonismi), nei disturbi neurologici funzionali il problema risiede nel “software”, ovvero nei “programmi” che regolano il funzionamento del sistema nervoso.
La sintomatologia dei disturbi neurologici funzionali è estremamente variegata e può comprendere debolezza o paralisi degli arti, disturbi del movimento come tremori e distonie, crisi epilettiche non epilettiche, problemi sensoriali, difficoltà del linguaggio, problemi visivi e uditivi, dolore cronico e alterazioni cognitive, interferendo notevolmente con la qualità di vita dei pazienti, dei loro caregiver e comportando una spesa notevole per il SSN; l’esordio può avvenire a qualsiasi età, sebbene sia più comune tra l’adolescenza e l’età adulta precoce, con una maggiore incidenza nel sesso femminile (in rapporto 3:1).
NEUROBIOLOGIA TRA FUNZIONE E STRUTTURA
Le neuroscienze hanno fornito evidenze crescenti che i disturbi neurologici funzionali non sono disturbi “immaginari” ma rappresentano condizioni neurobiologiche genuine con correlati neurali identificabili. In questo senso, appare straordinariamente attuale l’intuizione di Jean-Martin Charcot, che già alla fine del XIX secolo ipotizzava nei pazienti con isteria l’esistenza di una “lesione funzionale”, ovvero una disfunzione reale del sistema nervoso priva di una base strutturale visibile. Sebbene privo degli strumenti della neurologia moderna, Charcot riconobbe che l’assenza di una lesione anatomica non implicava l’inesistenza di un disturbo neurologico autentico – un’intuizione che trova oggi conferma nei dati neurobiologici contemporanei. Particolarmente significative sono le alterazioni osservate a carico del salience network, del default mode network e nelle connessioni tra aree cortico-limbiche e regioni motorie. Il salience network, composto principalmente dall’insula anteriore e dalla corteccia cingolata anteriore dorsale, è responsabile del rilevamento e del filtraggio degli stimoli rilevanti e della regolazione emotiva. Nei pazienti con disturbo neurologico funzionale, questo sistema mostra iperattivazione e connettività alterata con le aree motorie, suggerendo un’influenza eccessiva dei processi emotivi sul controllo motorio. Il default mode network, attivo durante il riposo cosciente e coinvolto nei processi di auto-riferimento e nella costruzione del senso di sé, presenta anch’esso alterazioni in questi pazienti. Queste modificazioni potrebbero riflettere disturbi nei processi di integrazione dell’esperienza soggettiva e nella percezione di agency, ovvero nella sensazione di controllo sulle proprie azioni.
I DISTURBI NEUROLOGICI FUNZIONALI COME PARADIGMA DEL RAPPORTO MENTE-CORPO
Storicamente, l’approccio cartesiano alla medicina ha portato a una netta distinzione tra cause organiche e psicogene, relegando i disturbi neurologici funzionali nell’ambito delle patologie “senza base organica”. Tuttavia, le evidenze attuali dimostrano che questa dicotomia è riduttiva: gli stati mentali, come lo stress, il trauma o i conflitti emotivi, possono indurre alterazioni misurabili nei circuiti cerebrali, nei pattern di attivazione neuronale e nei processi di integrazione sensomotoria, senza che vi sia necessariamente un danno strutturale rilevabile con le tecniche diagnostiche convenzionali.
La definizione storica di “disturbo di conversione” o “di somatizzazione” per quelli che oggi chiamiamo disturbi neurologici funzionali, radicata nella teoria freudiana della conversione di conflitti psichici in sintomi somatici, rifletteva una comprensione limitata e spesso stigmatizzante della condizione. Oggi, la ricerca riconosce che questi disturbi non sono semplicemente manifestazioni di conflitti inconsci, ma il risultato di una complessa interazione tra vulnerabilità biologiche (come predisposizioni genetiche o alterazioni neurochimiche), fattori psicologici (traumi, stili di coping, attenzione selettiva ai sintomi) e contesti sociali (stress ambientali, dinamiche familiari, influenze culturali).
L’approccio attuale è quindi multidisciplinare e integrato: la diagnosi si basa su criteri clinici positivi e segni neurologici specifici, mentre il trattamento prevede interventi personalizzati che possono includere la riabilitazione neurologica, la psicoterapia e, quando necessario, il supporto farmacologico. Questa visione supera la dicotomia cartesiana, promuovendo una comprensione più ampia e meno stigmatizzante della malattia, e sottolinea l’importanza di un approccio empatico e collaborativo nella gestione dei pazienti con disturbo neurologico funzionale.
CONCLUSIONI
I disturbi neurologici funzionali costituiscono un caso emblematico della complessità del rapporto mente-corpo, rivelando quanto siano ormai inadeguate le dicotomie tradizionali della medicina occidentale per spiegare la natura (che è invece profondamente integrata) dell’essere umano. Lungi dall’essere semplici anomalie “psicogene”, si impongono oggi come una sfida cruciale per la medicina contemporanea: non solo per la loro eterogeneità clinica e l’impatto sulla qualità di vita, ma soprattutto per l’opportunità epistemologica che rappresentano.
La moderna comprensione di questa condizione così fraintesa in passato, alimentata dai progressi delle neuroscienze, offre una finestra privilegiata per indagare i meccanismi attraverso cui l’esperienza soggettiva si incarna nel corpo e nel cervello, mostrando come stati mentali complessi possano influenzare direttamente il funzionamento dei network cerebrali. In tal senso, i disturbi neurologici funzionali mettono in discussione le rigide separazioni tra neurologia e psichiatria, tra cause organiche e fattori psicologici. L’evoluzione della ricerca scientifica, insieme a una crescente sensibilità clinica, sta gradualmente restituendo legittimità e riconoscimento a una condizione per troppo tempo relegata ai margini del sapere medico. Questa condizione ci obbliga a ricordare che mente e cervello non sono domini separati, ma aspetti interdipendenti di una stessa realtà incarnata, e ci sollecitano a ripensare profondamente non solo le categorie diagnostiche, ma anche il modo in cui intendiamo la cura.
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Autore
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Psicologa e psicoterapeuta della Gestalt in formazione, dottoranda in Neuroscienze, Scienze Psicologiche e Psichiatriche, Scienze del Movimento presso l'Università di Verona. Appassionata di EEG, la sua attività di ricerca si sviluppa in un'ottica interdisciplinare che integra approcci neuroscientifici e fenomenologici per approfondire la comprensione dell’esperienza soggettiva e dei meccanismi neurobiologici sottostanti.
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