Nella prima parte di questo articolo ho esaminato come l’I.A. «sia di per sé un problema tecnico, un balbettante passo falso dell’ordine neoliberista che ne suggerisce l’intrinseco disordine», tracciando un percorso che ne tocca la dannosità, la dimensione violenta – sia dal punto di vista geopolitico che ambientale – l’effetto perverso della scalabilità, per arrivare al concetto di tecnofascismo.
Quello che proporrò, ora, come contromisura è il decomputing; un approccio che prende di mira direttamente l’intelligenza artificiale, ma riguarda e intende scollegare qualcosa di più del solo digitale, fino a riconfigurare le nostre relazioni sociali ed economiche più ampie.
DECRESCITA
Il decomputing è un tentativo di rispondere ai danni sociali e ambientali, via via crescenti, che l’attuale evoluzione tecnopolitica sta producendo; e, il rifiuto della scalabilità è un modo per mitigare gli effetti peggiori e un’euristica mirata a trovare modi alternativi di procedere.
Al contrario della scalabilità dell’IA – il cui fascino e potere è basato sul principio unificante della crescita senza restrizioni – il decomputing è una svolta verso la decrescita, una sfida esplicita all’estrattivismo dell’IA e alle sue logiche sistemiche.
Soprattutto, la decrescita non è semplicemente un rifiuto di dipendere dall’espansionismo, un tentativo di interrompere – qui e ora – l’estrattivismo dell’IA, ma uno spostamento dell’attenzione verso un metabolismo alternativo basato sulla sostenibilità e la giustizia sociale.
DEAUTOMATIZZAZIONE
Il principio del decomputing si oppone alla scalabilità anche perché questa induce uno stato di automatizzazione, in cui l’autonomia e la capacità di pensiero critico sono minate dall’immersione in un sistema di relazioni macchiniche.
In questo senso, l’IA è un’intensificazione delle strutture istituzionali, burocratiche e di mercato che già spogliano i lavoratori e delle comunità della loro agentività, e la collocano in meccanismi opachi e astratti. Il decomputing, al contrario, è la districazione del pensiero e delle relazioni dalle influenze riduttive delle logiche – appunto – burocratiche e di mercato che l’IA replica e rafforza.
Come esempio pratico, possiamo prendere in considerazione il caso del processo di tagli algoritmici al welfare, che viene legittimato proprio dalla presenza di un umano (human-in-the-loop) – come elemento di controllo: l’azione umana, il cui obiettivo dovrebbe essere di garantire un processo giusto, viene neutralizzata dal bias dell’automazione e dall’architettura delle scelte che tende ad allinearsi alla proposta – presunta neutrale – della macchina.
Il decomputing si propone, invece, come modello di sviluppo di forme alternative di organizzazione e di processo decisionale, sostenute dal giudizio riflessivo e dalla responsabilità situata.
Il decomputing riguarda, sia la deprogrammazione della società dalle sue certezze tecnogeniche quanto la decarbonizzazione delle sue infrastrutture computazionali.
La dataficazione e l’ideologia dell’efficienza giocano un ruolo chiave nelle ottimizzazioni negligenti e disumanizzanti dell’IA.
Il decomputing tenta, invece, di strappare la prassi sociale alla crudeltà utilitaristica apertamente celebrata dai seguaci della tecnopolitica reazionaria.
Si tratta di un deliberato allontanamento dai quadri alienanti dell’efficienza e dell’ottimizzazione e di un ritorno al contesto e alle “questioni di cura” in cui le nostre reciproche vulnerabilità e dipendenze sono centrali per la riproduzione sociale.
STRUMENTI CONVIVIALI
Il decomputing afferma che lo sviluppo e l’implementazione di qualsiasi tecnologia avanzata con impatti diffuso sulla società dovrebbero essere soggetti a un scrutinio critico e all’approvazione collettiva.
Possiamo attingere direttamente dal lavoro di Illich sugli strumenti per la convivialità: Illich definisce, infatti, strumenti le tecnologie e le istituzioni, e strumenti conviviali quelli che consentono l’esercizio dell’autonomia e della creatività, in opposizione alla risposte condizionate dai sistemi manipolativi.
La Matrice delle Tecnologie Conviviali estende le idee di Illich, specificando domande che permettono di valutare il grado di convivialità delle tecnologie, domande sull’accessibilità (chi può costruirla o usarla?), sulla relazione (in che modo influisce sulle relazioni tra le persone?) e sulla bio-interazione (in che modo la tecnologia interagisce con gli organismi viventi e le ecologie?).
CONSIGLI POPOLARI
Tuttavia, è improbabile che andremo molto lontano semplicemente ponendo domande ragionevoli sul senso di tutta questa mobilitazione. Il potere delle big tech si è esteso ben oltre la cattura delle norme, fino alla cattura dello stato, o almeno, fino a una situazione in cui c’è una crescente fusione tra gestori delle tecnologie e strutture politiche.
Il decomputing adotta invece un approccio preconizzatore degli effetti della tecnopolitica, enfatizzando il ruolo delle forme assembleari e collegiali che ho descritto altrove come consigli dei lavoratori e del popolo.
Questo tipo di collettività, auto-costituente, radicata nel contesto locale e nell’esperienza vissuta, può essere applicata a qualsiasi livello e in qualsiasi contesto, dalle associazioni genitori-insegnanti che si oppongono alla dipendenza delle giovani menti dai chatbot alle comunità minacciate dalla costruzione di un datacenter hyperscale.
Ovunque l’intelligenza artificiale venga considerata come “la risposta”, c’è già una cucitura da scucire, un problema strutturale in cui coloro che sono direttamente coinvolti dovrebbero essere in prima linea nel determinare cosa debba essere cambiato.
RESISTENZA TECNOPOLITICA
La resistenza ai data centre, che è già in atto dai Paesi Bassi al Cile, mostra il potenziale delle giunzioni che si intersecano, di quella che possiamo chiamare intersezionalità infrastrutturale. Queste intersezioni si verificano perché è probabile che le stesse comunità che subiscono interruzioni di corrente a causa del sovraccarico della rete locale o respirano aria inquinata dalle turbine a gas, come – ad esempio – le comunità nere che vivono intorno al data centre XAI di Musk a Memphis, lavorino in condizioni di sfruttamento governate da un algoritmo.
Non è difficile immaginare che la resistenza a un nuovo data center sia solidale – attraverso un’assemblea congiunta di lavoratori e comunità – con gli scioperi selvaggi dei lavoratori nel centro logistico locale di Amazon.
Allo stesso modo, il principio del decomputing può assumere un ruolo importante a supporto dei movimenti per la disabilità, che stanno resistendo ai tagli selvaggi al welfare giustificati da algoritmi che stigmatizzano i disabili come membri improduttivi della società.
Per esempio, si può diffondere la comprensione del modo in cui la disabilità stessa è socialmente costruita dalle tecnologie che la società sceglie di utilizzare o non utilizzare; il concetto di crip technoscience[1] è una critica al ruolo discriminante della tecnologia, e si combina con approcci all’hacking e all’adattamento per rendere la vita delle persone più vivibile; creando così tecnologie conviviali che siano sostenibili e abilitanti.
DECOMPUTING
Il decomputing è, quindi, lo sviluppo di un contropotere rivolto contro l’apparato tecnopolitico dell’IA e contro le sue trasformazioni totalizzanti.
Ciò che il decomputing propone è un percorso verso società costruite su relazioni di cura, i cui attributi non sono l’astrazione e la manipolazione, ma l’aiuto reciproco e la solidarietà. I decomputing afferma che l’autonomia, l’azione e l’autodeterminazione collettiva sono inversamente proporzionali al grado in cui le relazioni umane sono distorte dall’ordinamento algoritmico.
Il decomputing è il progetto di separare la tecnologia avanzata dalle decisioni sugli obiettivi della società. È la riaffermazione della necessità di strumenti conviviali e della costruzione di forme di potere sociale collettivo che possano realizzarli.
Ci sono esempi di lotte contemporanee che non partono direttamente dalla resistenza all’IA, ma combinano comunque la pratica della resistenza auto-organizzata con l’obiettivo di costruire futuri alternativi. Uno di questi è il collettivo di fabbrica GKN, collegato aduna fabbrica in Italia che produceva assali per veicoli, acquistata da un hedge fund che ha cercato di chiuderla e incassare. I lavoratori si sono opposti, hanno occupato il loro posto di lavoro e hanno formato un collettivo con la comunità locale per riutilizzare i loro strumenti per una transizione giusta; cioè, per la giustizia dei lavoratori e la sostenibilità ambientale. Ora producono cargo bike e riciclano pannelli solari e continuano la loro lotta sotto lo slogan partigiano “Insorgiamo!” o “Ci alziamo!”.
UN MONDO DA VINCERE
Esigere la determinazione sociale della tecnologia è un modo per scucire la perdita di azione collettiva, risultato di decenni di neoliberismo.
È di questa azione collettiva che avremo bisogno per resistere all’ondata crescente di movimenti politici che vogliono far arretrare ogni tipo di uguaglianza sociale e proiettare la loro visione nichilista attraverso tecnologie che sono già codificate come anti-operaie e anti-democratiche.
E questo è il mio ultimo punto sul decalcolo, che non è una visione per un ritorno a uno status quo pre-IA, ma una rivendicazione deliberata di un mondo migliore per tutti. Una resistenza efficace non è mai stata fondata sulla difesa di uno stato di cose già ingiusto. Ha senso solo come precursore di qualcosa di meglio, avendo l’obiettivo di una società più giusta e più solidale.
Il decomputing è la combinazione di decrescita e tecnopolitica critica che dice che altri mondi sono ancora possibili, e che intendiamo portarli in essere.
NOTE:
[1] La crip technoscience è una prospettiva teorica e un movimento politico che descrive come le persone con disabilità utilizzino, modifichino e reinventino tecnologie e processi scientifici per creare accesso e pratiche di solidarietà nel mondo, piuttosto che essere semplicemente gli utenti di tecnologie prodotte per loro. Il concetto si colloca all’intersezione tra studi critici della disabilità, studi femministi sulla technoscience e pratiche di design, che si contrappone a una visione più tradizionale di design e tecnologia incentrata su un’idea di “normale” o “abilista”.
Autore
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Laurea in Fisica a Oxford e dottorato in Fisica Sperimentale delle Particelle presso l'Imperial College di Londra, è attualmente Lecturer in Creative and Social Computing presso il Goldsmiths, University of London https://www.gold.ac.uk/computing/people/d-mcquillan/
Nel 2022 ha pubblicato il libro Resisting AI. An Anti-fascist Approach to Artificial Intelligence, Bristol University Press https://bristoluniversitypress.co.uk/resisting-ai
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