Il supplemento viene al posto di un cedimento,
di un non-significato o di un non-rappresentato, di una non-presenza.
Non c’è nessun presente prima di esso,
è quindi preceduto solo da se stesso, cioè da un altro supplemento.
Jacques Derrida, Della grammatologia
1 MAPPE
Perché è stato Colombo a sbarcare sulle coste americane – e dopo di lui i ben più temibili Cortés e Pizarro – e non una flotta Inca ad attraccare nel porto di Lisbona o di Genova? Franco Farinelli ritiene che la casualità della storia e l’impredicibilità del comportamento degli uomini non possano soddisfare l’urgenza dell’interrogativo, quanto invece può fornire una risposta l’evidenza che è capitato agli europei di realizzare mappe dei mari e delle terre emerse, e non alle popolazioni amerinde. Si può diventare scopritori di continenti e conquistatori di imperi sconosciuti, solo carta alla mano. Non importa nemmeno se il contenuto della rappresentazione geografica sia corretto o meno; senza il diagramma, viene a mancare l’ingrediente che si rivela essere il più banale nella circostanza in cui la scrittura e la proiezione geometrica sono disponibili – il progetto dell’esplorazione, la motivazione alla partenza, il piano di conquista.
Le mappe offrono un contributo indispensabile alla formazione della soggettività dei navigatori, dei conquistatori e degli eroi. Tzvetan Todorov suggerisce però che per plasmare una coscienza come quella di Cortès serva un altro ingrediente tecnologico: la scrittura alfabetica e la sua capacità di «insegnare» la separazione e la connessione tra una catena di significanti e una di significati. Il conquistador infatti legge le operazioni epistemiche degli aztechi, interpreta la visione della realtà di Montezuma, simula attributi e ruoli per manipolare la loro comprensione degli eventi, partendo dalle credenze degli avversari: i segni possono essere separati dal loro referente, possono essere imitati, contraffatti, manomessi a piacimento. Al contrario, gli indigeni appaiono vincolati ad una prospettiva monolitica di percezione del mondo, in cui quello che accade deve essere la ripetizione di qualcosa di già avvenuto, e deriva la sua identità dal passato dei loro miti fondativi. La vittoria degli spagnoli viene conseguita sul piano cognitivo prima ancora che sul campo di battaglia.
2 SCRITTURA ALFABETICA
La scissione tra un piano del significante e uno del significato è la separazione che si è innalzata dalla scrittura alfabetica alla fondazione delle disgiunzioni essenziali della cultura occidentale, come quelle tra interno ed esterno, trascendenza e immanenza, spirito e materia.
In un articolo precedente su Controversie, Edmondo Grassi propone di osservare i dispositivi di wearable technology, gli strumenti che rendono smart le case e le città, e la generazione degli algoritmi che li gestiscono, un sistema o uno sciame di intelligenze che rimodellano la nostra presenza fisica, e soprattutto che ridefiniscono la nostra soggettività. La trasformazione in corso non avrebbe precedenti nella storia dell’umanità, perché non si limiterebbe a potenziare facoltà già esistenti, ma creerebbe nuove dimensioni di coscienza, estranee a quelle implicate nella natura umana. Credo che le considerazioni sviluppate su Colombo e su Cortès impongano di rivedere in modo più prudente queste dichiarazioni. L’entusiasmo per lo sviluppo delle macchine digitali degli ultimi decenni è legittimo, ma rischia di mettere in ombra alcune linee di continuità con la storia delle tecnologie più remote (di cui fanno parte anche il linguaggio e la scrittura), e di alimentare la fede in un fantasma come quello della natura umana, intesa come una struttura consegnata dall’evoluzione filogenetica ai nostri avi ancestrali, che incarnerebbe la nostra sostanza compiuta e immutabile: dal suo fondo sarebbero derivate le culture e le civiltà, che ne avrebbero potenziato alcuni aspetti, lasciando però intatta la sua essenza fino ai nostri giorni. L’asimmetria tra il dinamismo delle trasfromazioni che abbiamo sotto gli occhi oggi, e la presunta staticità di quello che abbiamo già incorporato e metabolizzato, con la pratica del dialogo e delle lettere, è troppo evidente per non destare qualche sospetto.
La Scuola di Toronto, soprattutto con Harold Innis ed Eric Havelock, ha sottoposto a scrutinio il rapporto tra tecnologie della scrittura e formazione sia della soggettività, sia della struttura politica della società. L’elaborazione greca dell’alfabeto introduce, rispetto alle altre tipologie di grafia, un elemento di forte innovazione: i segni non richiedono un’interpretazione semantica, come accade con i pittogrammi, ma rinviano in modo meccanico ad altri segni, ai suoni delle parole. La loro presenza materiale non si impone allo sguardo pretendendo l’interpretazione di un esperto – scriba o sacerdote – con un esercizio di esegesi specialistica e creativa, ma si spalanca in modo immediato sulla catena dei significati. Il senso emerge alla vista prima ancora del suo rappresentante simbolico: basti pensare a quanta attenzione richiede la revisione editoriale dei testi, e alla facilità con cui gli errori di battitura sfuggono alla rilettura – perché il significato appare all’occhio prima ancora della sua raffigurazione fisica. La scrittura alfabetica schiude lo spazio logico come evidenza percettiva, esibisce la dimensione dell’essere che è sottratta alla contingenza dello spazio e del tempo, che si dilata nell’universalità e nella necessità, e che è la protagonista della filosofia di Platone. Le idee hanno scavato un’interiorità nella vita degli individui, e hanno sostenuto la nascita della comunità scientifica: la verità privata e la verità pubblica, l’articolazione della loro distinzione e della loro unità, sono estensioni impreviste dello sviluppo tecnologico subito dai meccanismi di annotazione del linguaggio.
3 TRACCE
Le procedure di redazione e di lettura nell’Atene del V secolo non somigliavano di sicuro a quelle dei nostri giorni; tuttavia la rivoluzione avviata dalla tecnologia della scrittura nella Grecia antica ha contribuito a configurare la forma stessa della soggettività occidentale, così come ancora oggi la sperimentiamo. Ma anche questo scavo nell’archeologia dei sistemi di produzione documentale non mostra in modo abbastanza radicale il doppio legame che si stringe tra processi di ominazione e tecnologia.
Jacques Derrida e Bernard Stiegler ampliano la nozione di scrittura per includere una serie di fenomeni più varia, il cui valore consiste nel registrare programmi di azioni, che vengono archiviati e resi disponibili da una generazione all’altra. In questo senso anche la scheggiatura della selce, la preparazione di ogni genere di manufatti, permette di conservare le tracce delle operazioni con cui è avvenuta la loro realizzazione, e quelle della loro destinazione. L’innovazione non è una galleria di episodi disparati, ma si dispiega in gruppi tecnici, che dislocano lo stesso principio fisico in diversi contesti: la ruota per esempio sollecita la trasformazione dei mezzi di trasporto, ma decreta anche la nascita del tornio e quella della cisterna. La tecnica, come il linguaggio, sono artificiali, ma non «capricciosi»: l’organicità della realtà costruita contribuisce a elaborare l’ordinamento della ragione, che è sia logos, sia kosmos. Ma questa filogenesi culturale è il sintomo di due processi che sanciscono la differenza, e la distanza, dell’uomo da ogni altra creatura.
Il primo è testimoniato dalle indagini di paleontologia, che provano la collaborazione del fattore biologico e di quello tecnologico nell’evoluzione del sistema nervoso centrale dell’homo sapiens. La lavorazione della pietra e del legno non è stata avviata quando l’evoluzione fisiologica poteva dirsi conclusa, ma ha contribuito allo sviluppo cerebrale, rendendo l’espansione della massa neuronale e la raffinatezza nel trattamento dei materiali, insieme alla la complessità nella collaborazione dei gruppi sociali, due percorsi che si rispecchiano, si modellano e si rappresentano in modo reciproco.
Il secondo tenta una fondazione trascendentale di ciò che l’archeologia espone sul piano dei fatti. Nella ricostruzione del confronto di Leroi Gourhan con la descrizione speculativa che Rousseau schizza dell’uomo originario, Stiegler evidenzia che entrambi gli autori devono supporre un salto tra l’ominide ancora senza linguaggio, e l’essere umano compiuto, con una razionalità in grado di esprimersi in termini di simboli universali. La ragione, la tecnica (e il linguaggio come prima tecnica) compaiono tutti insieme, dal momento che sgorgano dalla stessa istanza capace di individuare l’uomo e distinguerlo da tutti gli altri esseri viventi: la consapevolezza della propria morte, e l’assunzione di tutte le iniziative possibili per dilazionarne l’imminenza. Da questo progetto di differimento scaturiscono la storia e le storie; per questo ogni linguaggio è a suo modo un programma di azione, che deve disporre già sempre di un carattere di ripetibilità e di universalità, e per questo ogni tecnica e ogni linguaggio sono una scrittura che plasma al contempo la realtà esterna e la soggettività del suo esecutore.
Non esiste una natura umana, e nessun ominide che sia identico all’uomo – solo privo di tecnica e di linguaggio, prima del salto che invera il miracolo della cultura. Né esiste un’essenza dell’umanità che preceda e che sia la fonte dei sistemi simbolici e delle procedure operative, che si succedono nelle epoche della storia, e di cui potremmo sbarazzarci o che possiamo implementare, senza esserne modellati nel profondo. La storia e le differenze delle scienze e delle tecniche sono anche il dispiegamento della natura umana nella varietà delle forme e delle identità in cui – soltanto – essa può assumere esistenza concreta.
BIBLIOGRAFIA
Derrida, Jacques, Della Grammatologia, trad. it. a cura di Gianfranco Dalmasso, Jaka Book, Milano 2020.
Havelock, Eric, Cultura orale e civiltà della scrittura. Da Omero a Platone, trad. it. a cura di Mario Capitella, Laterza, Bari 2019.
Innis, Harold, Imperi e comunicazione, trad. it. di Valentina Lovaglio, Meltemi, Roma 2001.
Farinelli, Franco, Geografia. Un’introduzione ai modelli del mondo, Einaudi, Torino 2003.
Leroi-Gourhan, André, L’uomo e la materia, trad. it. a cura di Franco Zannino, Einaudi, Torino 1977.
Rousseau, Jean-Jacques, Discorso sull’origine della disegueglianza, trad. it a cura di Diego Giordano, Bompiani, Milano 2012.
Stiegler, Bernard, La colpa di Epimeteo. La tecnica e il tempo, trad. it. a cura di Claudio Tarditi, Luiss University Press, Roma 2023.
Todorov, Tzvetan, La conquista dell’America. Il problema dell’Altro, trad. it. a cura di Aldo Serafini, Einaudi, torino 2014.
Autore
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Si occupa di media digitali dal 1999: è co-fondatore di Pquod e VentunoLab, società specializzate nella comunicazione web e nell’analisi di dati. Ha svolto attività di docenza per il Politecnico di Milano e l’Università degli Studi di Milano. Dal 2011 pubblica sulle testate Linkiesta, pagina99, Gli Stati Generali. È il direttore responsabile di Controversie. Per le pubblicazioni: https://scholar.google.com/citations?hl=it&user=zSiJu3IAAAAJ
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