Tutti i modelli sono sbagliati ma alcuni sono utili
(George Box)
A dicembre 2024 abbiamo iniziato – con un articolo pubblicato da A. Saltelli con un largo gruppo di coautori – una riflessione sui modelli matematici e algoritmici che simulano la vita e le dinamiche di interi sistemi ambientali, fino a mettersi alla prova sulle dimensioni dell’intero pianeta. Questi modelli sono noti come gemelli digitali di qualcosa.
Seguiamo qui il percorso di un altro articolo di Saltelli, con Lieke Melsen ed Arnald Puy, uscito di recente su Minerva[1], Digital Twins of the Earth Between Vision and Fiction, per proseguire questa riflessione sui gemelli digitali e – più in generale – sull’uso dei modelli di simulazione nella analisi e nei tentativi di soluzione di problemi ambientali e sociali, e cercare una prima, parziale, conclusione di tipo morale.
La definizione di riferimento per gemello digitale ci viene data da IBM:
Un gemello digitale è una rappresentazione virtuale di un oggetto, o di un sistema, disegnata in modo da rifletterlo accuratamente. Il gemello copre il ciclo di vita dell’oggetto rappresentato, viene aggiornato in tempo reale con dati provenienti dall’oggetto situato nel mondo reale o dall’evoluzione del modello stesso. Per funzionare ed aiutare a prendere decisioni, può fare uso di diversi modelli di simulazione, di machine learning e di intelligenza artificiale. [2]
POSSIBILI ONTOLOGIE DEI GEMELLI DIGITALI
Gli autori dell’articolo su Minerva propongono una serie di interessanti e critiche interpretazioni ontologiche dei gemelli, che possono essere diversamente visti come:
- Strumenti per vedere un mondo [3] attraverso la lente della sua rappresentazione digitale e, grazie a questa rappresentazione, studiarne le caratteristiche, scoprirne le dinamiche e la realtà (The World in the Model – The World in the Twins). Secondo questo punto di vista, il mondo “viene illuminato” dal modello.
- Artefatti o forme culturali, secondo la teoria di G. Simmel; i modelli sono una “moda” relativamente recente e possono essere interpretati – in generale – come il prodotto culturale degli anni dello sviluppo delle tecnologie informatiche in cui, di converso, si può rinvenire una geografia delle scienze disegnata dalla popolarità di diversi tipi di modelli in diverse parti del mondo.
- Oggetti distanti [4] dal mondo che rappresentano e che, tuttavia, ne contendono il posto nella narrazione della comunicazione di massa: il modello assume il ruolo di neo-realtà, abolendo e facendo volatilizzare la realtà che simula.
- Burocrati senza pensiero e senza responsabilità: un gemello digitale di un ambiente può produrre conoscenza e – di conseguenza – materia su cui basare decisioni in maniera automatica e senza assumersi, in quanto macchina, alcuna responsabilità su quanto produce, sia il risultato delle elaborazioni vero, falso, onesto o distorto.
- Realizzazioni pratiche del sogno cartesiano di predizione e di controllo umano sulla natura, del realismo metafisico di cui Husserl accusa Galilei: il modello permette – sotto una serie di assiomi semplificativi e riduzionisti – di espandere il concetto di legge di natura ad un intero ambiente.
- Metafore di come percepiamo il mondo, che esprimono in forma indiretta i nostri punti di vista, preconcetti e opinioni sul mondo e sul problema rappresentati, se non addirittura sulle possibili soluzioni.
- Strumenti di divinazione, che predicono il futuro ma senza l’uso di magia o di poteri divini, e – in quanto tali – dotati di una elevata autorevolezza.
VALORE EPISTEMOLOGICO DEI GEMELLI DIGITALI
Ci pare che dalla interpretazione ontologica “The World in the Model – The World in the Twins” possa discendere la più calzante visione del ruolo epistemico dei modelli di simulazione e dei gemelli digitali, quella proposta dagli autori di mediatori [5] tra teoria e realtà, e tra realtà e osservatore.
Questo punto di vista – dicono gli autori – funge anche da antidoto contro il rischio di concepire i gemelli e i modelli matematici come “sola matematica” e sposta la discussione dalla categoria di ciò che è vero e ciò che è falso a quella della qualità […] dell’artefatto e dei suoi componenti, su cui il giudizio è messo in relazione al task che deve svolgere.
Tuttavia – nell’adozione di questa visione epistemologica – vanno tenuti in considerazione una serie di elementi potenzialmente critici:
- Quando definiamo come “matematici” i modelli di simulazione e i gemelli, rischiamo di focalizzarci su una vista parziale della loro natura poiché ben spesso questi includono nozioni teoriche (ricordiamoci come ogni esperimento sia carico di teoria), concetti matematici, tecniche digitali, fatti stilizzati, dati empirici, visioni normative , analogie e metafore. Questa considerazione richiede la consapevolezza che il modello – nel suo ruolo di mediatore – espande notevolmente la dialettica tra teoria e realtà.
- La complessità – in termini di ipotesi principali ed ausiliarie, teorie principali e “di sfondo”, elementi “non matematici” – dei gemelli digitali e di molti modelli, li espone, secondo la tesi di Duhem-Quine, a grandi difficoltà interpretative degli insuccessi e delle divergenze tra i risultati della simulazione e la realtà osservata: spesso non è possibole comprendere quale parte del modello non stia facendo il suo dovere e se sia necessario “fare il mondo più semplice o il modello più complesso”.
- L’ontologia di mediatore dei modelli richiede, inoltre, l’accortezza di non sovrapporre il modello con il suo referente, di non dimenticare che il gemello è un modello e non la realtà.
ETICA DELLA COSTRUZIONE E DELL’USO DEI GEMELLI
Le avvertenze e le considerazioni di stampo epistemologico evidenziate dagli autori (e da molti autori citati nell’ articolo, si vedano per questo gli appunti bibliografici), aprono la porta ad una serie di considerazioni di carattere morale [6], la prima considerazione delle quali – secondo me alla base di tutte le successive – è quella, ironica, di G. Box, tutti i modelli sono sbagliati ma alcuni sono utili. Il focus sull’utilità deve far riflettere, sia chi li costruisce che chi li usa, sul perché sono stati creati, sulle ragioni di chi li commissiona o li finanzia e su chi e come li utilizzerà.
Come conseguenza, gli autori mettono in guardia sulla possibilità che i gemelli possano essere:
- riduzionisti, che ignorano dimensioni scomode o difficili da rappresentare, inficiando la validità del modello o trascurando istanze morali minoritarie;
- economicisti, che mettono in primo piano, proprio come valore morale, la dimensione economica [7], trascurando i bisogni non materiali;
- giustificazionisti, costruiti e adattati con il fine di giustificare delle soluzioni, degli obiettivi o delle politiche – definite a priori o che emergono in corso d’opera
- decisionisti, mirati a semplificare la realtà in modo tale da permettere ai policy maker di prendere delle decisioni più agevolmente.
Queste distorsioni fanno capo all’obiezione di Niklas Luhmann, per cui «la scienza è spesso chiamata a “risolvere i paradossi” delle decisioni politiche, ossia a farle sembrare il risultato di un processo razionale [basato sull’oggettività dei numeri] invece che il risultato di una negoziazione tra interessi in competizione», oppure – peggio ancora – a privare i cittadini della loro possibilità di azione politica, che viene inclusa nei modelli solo in apparenza.
CONCLUSIONI
La consapevolezza di questi rischi e di queste potenziali distorsioni conducono gli autori a concludere che i gemelli vanno considerati parte del dibattito sulle questioni – ambientali, sociali, energetiche – che sono chiamati a simulare e non i produttori di risposte vere ed autentiche, di interpretazioni scientifiche ed oggettive.
Non è – secondo gli autori– la natura digitale dei modelli e dei gemelli ad essere critica ma il sistema di governance e di ownership da cui sono motivati e in cui sono immersi.
Nella realizzazione e nell’uso, quindi, devono essere tenute in debito conto le due dimensioni, tecnica e normativa, della loro qualità; la dimensione delle istanze morali che li motivano; la dimensione più ampiamente pubblica delle assunzioni e delle conclusioni e delle azioni che suggeriscono.
Ricordando la lezione di Giuseppe Scifo e interpolandola con le indicazioni normative di Funtowicz e Ravetz di cui abbiamo parlato recentemente, viene da suggerire di affidarsi meno ai modelli e ragionare, quando si deve analizzare, su “cosa succederebbe se” per avere supporto nelle decisioni politiche, in termini di scenari, cioè di fasci di modelli che variano al variare delle assunzioni su variabili il cui comportamento non è prevedibile; su gli known unknowns; sulle istanze morali minoritarie.
Programmare le azioni future sulla base di scenari permette di mantenere aperto lo spettro delle possibilità e di non trascurare le reali esigenze delle collettività.
NOTE
[1] Minerva, A Review of Science, Learning and Policy, Springer Nature, 09 April 2025
[2] Traduzione mia dall’originale: A digital twin is a virtual representation of an object or system designed to reflect a physical object accurately. It spans the object’s lifecycle, is updated from real-time data and uses simulation, machine learning and reasoning to help make decisions.
[3] “Il mondo” è il referente del modello, può essere un oggetto o un ambiente, come abbiamo visto sopra
[4] Distanti anche in senso logistico: soprattutto quando si tratta di rappresentazioni del mondo naturale o dell’ambiente, i modellisti operano lontani dall’oggetto rappresentato e questa distanza favorisce la sovrapposizione del modello alla realtà.
[5] Cfr.: Morgan & Morrison (1999)
[6] Come di consueto, preferisco adottare il termine morale, anziché etico, per sottolineare la necessità di chiarire quali siano le istanze di fondo, i principi morali, appunto, su cui si basano le valutazioni, i giudizi e l’azione. È l’azione – basata su principi morali, ad essere etica. Tutte le volte che si parla di etica è – a mio avviso – necessario chiarire (o chiarirsi) quale sia la morale ispiratrice.
[7] La dimensione economica del mondo è, a mio avviso, una istanza morale che non va condannata o trascurata, poiché è quella che permette a tutti noi di mangiare, vestirci e avere una vita soddisfacente. Deve, però, avere questa visione ampia, non esclusivamente mirata allo sviluppo delle aziende.
Autore
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Laureato in Scienze Filosofiche all’Università degli Studi di Milano e manager. Scrive appunti sul rapporto tra scienze, tecnologie e morale anche quando pedala come un pazzo, la domenica mattina. A volte dice di lavorare. È il direttore editoriale di Controversie.
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